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BIOGRAFIA

EDOARDO GELLNER (1909-2004) si forma come architetto all’interno della bottega artigiana del padre specializzata nella produzione di insegne e allestimenti commerciali per i locali di Fiume e di Abbazia, importante centro turistico nel golfo del Quarnaro. In questi primi lavori Gellner ha la possibilità di conoscere i materiali e di sperimentare le nuove forme architettoniche viste a Vienna dove aveva frequentato nel 1927 e poi nel 1933 i corsi di Disegno e di Architettura degli Interni presso la Kunstgewerbeschule diretta da J. Hoffman. Al lavoro nella werkstatt paterna ben presto affianca una attività in proprio come designer di allestimenti di interni per ristoranti e locali da ballo dei più importanti alberghi della costa da Fiume a Trieste, fino a Kitzbühel e Cortina d’Ampezzo.

 

Durante la guerra si iscrive alla Facoltà di Architettura di Venezia dove si laurea nel 1946 con Giuseppe Samonà; il suo progetto di tesi per la Villa Alta a Misano Adriatico viene ben presto realizzato e in seguito trasformato nel dancing più in voga della riviera romagnola. Nel 1946-47 é assistente di Samonà alla cattedra di Elementi di composizione architettonica allo IUAV, ma nell’incertezza economica del momento decide di rinunciare alla carriera accademica per dedicarsi alla libera professione: dopo un periodo trascorso tra Venezia, Trieste e Capri intento a riallacciare rapporti di lavoro con i vecchi committenti di Abbazia, gli impegni lo portano a stabilirsi a Cortina d’Ampezzo dove realizza alcuni importanti allestimenti, pubblicati da Zevi nel 1950 sul numero 39 della rivista Metron; nel 1951 presenta alla IX Triennale di Milano una Camera per albergo di montagna. I contatti con l’università, con il gruppo dell’A.P.A.O. (Associazione per l’Architettura Organica) guidato da Piccinato e Zevi e in particolare con l’Istituto Nazionale di Urbanistica, rinato nel 1949 sotto la guida di Adriano Olivetti, permettono a Gellner di estendere il proprio campo di indagine dall’architettura alla pianificazione urbanistica: all’interno dei lavori per il Piano Paesistico di Cortina d’Ampezzo (1951-54) nascono alcune opere controverse come il Palazzo delle Poste e TELVE, Casa Giavi, il Residence Palace, il Motel Agip, la Meridiana; nel 1953 realizza la sua casa-studio Cà del Cembro ispirata ai principi spaziali di A. Loos.

 

Le architetture di questo periodo costituiscono la premessa a quella che rimane l’opera più importante della sua produzione, il Villaggio Sociale dell’AGIP a Corte di Cadore (1954-1963), indicato fin dal suo nascere come una delle esperienze più interessanti nel panorama urbanistico e architettonico internazionale del dopoguerra e rivalutato oggi dalla critica come importante esempio di regionalismo alpino. L’idea del committente Enrico Mattei prevedeva la realizzazione di un villaggio per le vacanze dei dipendenti del gruppo ENI, composto di alcune centinaia di villette unifamiliari isolate nel verde; questo programma si traduce in un considerevole sforzo progettuale da parte di Gellner intento a creare una forma urbana in grado di conciliare le esigenze degli abitanti con quelle dell’ambiente naturale. Mescolando le tecniche dell’English School of Landscape Gardening con le più aggiornate teorie dell’urbanistica organica e olivettiana, Gellner scompone il programma residenziale in unità di vicinato che consentono il rispetto della privacy degli abitanti e la leggibilità dei gruppi di ville nel contesto paesaggistico. A Corte di Cadore vengono realizzati inoltre una Colonia per bambini, un campeggio per ragazzi, alcuni alberghi e una chiesa, che Gellner realizza in collaborazione con l’amico Carlo Scarpa. La prematura scomparsa di Mattei nel 1962 bloccò i lavori impedendo la realizzazione del centro civico, che avrebbe dovuto costituire il cuore architettonico e sociale del Villaggio e per il quale Gellner propone in seguito una lunga serie di soluzioni non realizzate (1958-2004). Nel 1060 sempre su incarico di Enrico Mattei, Gellner realizza il progetto della nuova città aziendale ANIC di Gela che suscitò grande ammirazione da parte della cultura urbanistica italiana, ma destinato a rimanere sulla carta.

 

L’attività di Gellner prosegue negli anni ‘60 e ‘70 con progetti per alcuni villaggi turistici all’isola d’Elba e in montagna (Sampeyre-Cuneo, Federa Vecchia-Belluno), una colomia montana per l’Italsider e alcuni edifici tra i quali la Gelateria Talamini (1963) nel delicato tessuto storico di Deventer in Olanda, riconosciuta in seguito come monumento cittadino; nel 1966 gli viene affidato l’incarico di progettare la ricostruzione di Longarone dopo la tragedia del Vajont. Il tratto comune a tutte queste opere é una grande capacità di adattamento e di comprensione del contesto con cui Gellner riesce ad interpretare situazioni ambientali così diverse. A partire da questo momento l’interesse di Gellner si sposta sempre più verso il paesaggio e la conoscenza del territorio. L’inaspettato sviluppo della vegetazione nel Villaggio di Corte di Cadore, come conseguenza delle vaste opere di inzollamento delle originarie zone ghiaiose e scoperte, attira nei primi anni ‘70 l’attenzione degli scienziati forestali che lo coinvolgono in una serie di conferenze e attività universitarie.

 

In tema di protezione del paesaggio Gellner affronta un lungo studio sulla possibilità di sottrarre alla speculazione edilizia uno dei posti più celebri e maltrattati delle Dolomiti, il Lago di Misurina, per il quale prevede il ripristino delle sponde naturali e lo spostamento dell’edilizia commerciale e turistica in un luogo meno pregevole.

I numerosi piani urbanistici dei paesi della montagna veneta che Gellner esegue a partire dagli anni ‘70 diventano occasione per studiare a approfondire il legame tra ambiente alpino e architettura tradizionale; il materiale così raccolto diventerà in anni più recenti oggetto di uno studio sistematico che darà luogo ad una serie di fondamentali pubblicazioni e ricerche.

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